martedì 26 aprile 2022

I 10 personaggi più antipatici della letteratura

Un romanzo che funzioni, al netto di tutte le sovrastrutture cervellotiche che spesso dominano la critica contemporanea, è un romanzo che sappia suscitare e trasferire emozioni. Positive o negative che siano. E tanto ottengono i personaggi più riusciti, gli eroi e gli antagonisti e tutti gli altri a seguire. Per una volta, occupiamoci dei personaggi negativi, di quelli insopportabili, di quelli capaci di dare sui nervi. Alcuni di loro hanno incarnato i tipi umani più detestabili. Propongo una classifica. Cosa ne pensate?

10. Uriah Heep (David Copperfield di Charles Dickens)

Heep è, a modo suo, un personaggio omerico. Il contrario del καλὸς καὶ ἀγαθός (bello e buono, bello e valoroso). Heep è come il Tersite dell'Iliade, brutto e portatore di tutte le bassezze. Alto, allampanato, rosso di capelli, untuoso, sfuggente, si finge umile, ma delira di onnipotenza. Contende Agnes a David Copperfield. 

9. Sir Roger Carbury (La vita oggi di Anthony Trollope)

Bello e fascinoso, ma vuoto e stolido. Seduttore seriale. Finisce riempito di botte, come in una storia pulcinellesca, quando le sue mire si dirigono verso una florida donna del popolo.

8. Rogozin (L'idiota di Fedor Dostoevskij). 

Antagonista del principe Myskin. Ha un'aura maligna, un volto perennemente angustiato. La sua passione per Nastas'ja lo divora. Non ha regole morali, succube di un istinto distruttivo, che non conosce empatia.

7. Javert (I miserabili di Victor Hugo).

Poliziotto incorruttibile, che pare, non so quanto intenzionalmente, la caricatura di Robespierre, l'incorruttibile per eccellenza. Perseguita Jean Valjean per tutto il romanzo. Gli dà la caccia e non lo dimentica, anche dopo averlo perso di vista. Quando Valjean gli salva la vita, incredulo, Javert non lo arresta, in un soprassalto inaspettato di gratitudine. Ma un mal calcolato senso del dovere lo spinge a una fine tragica. Uomo senza Dio e, perciò, pascalianamente condannato alla tristezza.

6. L'Ambasciatore (L'agente segreto di Joseph Conrad).

Uomo oscuro, spinge il riluttante agente segreto Verloch a smuovere le acque, disegnando un manuale ante litteram di strategia della tensione. La politica fa premio su tutto, la politica non ha regole morali. Agire nell'ombra, per raggiungere scopi noti a pochi. Questa è la via che l'ambasciatore indica allo sfortunato protagonista di questa straordinaria opera di Conrad, che, da sola, spiega la miseria che si nasconde dietro tanti apparenti misteri della storia recente.

5. Stavrogin (I demoni di San Pietroburgo di Fedor Dostoevskij)

Colto, dotato di una forza spaventosa, è un uomo duro e indurito, che emana una fascinazione oscura. Un nichilista autentico, che incarna il vuoto pneumatico di una generazione perduta, attirata da finti miti rivoluzionari per l'incapacità di accogliere la vita come dono. Stavrogin è il contrario perfetto del principe Myskin, il cuore puro di un altro capolavoro di Dostoevskij: L'Idiota.

4. Vronskij (Anna Karenina di Lev Tolstoj)

Di lui s'innamora perdutamente Anna Karenina. Di lui che è uomo senza alcuna qualità, tolta l'avvenenza, senza alcuna volontà, tolta quella di perseguire ogni suo capriccio, svezzato all'egoismo da una madre che lo idolatra e che lo svia. Perdigiorno, sfaccendato, trascorre da una festa a un festino e alimenta l'idea romantica dell'amore folle, totalizzante, esclusivo e distruttivo di Anna.

3. Don Rodrigo (I promessi sposi di Alessandro Manzoni)

Il simbolo del potere impunito, l'uomo superbo per eccellenza, il prepotente, il sopraffattore. Fa rapire Lucia, vive nel peccato. Ma non ha coraggio e trema di fronte all'avvertimento di fra Cristoforo. 

2. George Vavasor (Potete perdonarla? di Anthony Trollope)

Cugino della protagonista Alice Vavasor e suo vecchio fidanzato, ha alle spalle un omicidio per legittima difesa, vive di espedienti, compresa una carriera politica finanziata dalla medesima cugina. Un mantenuto perfido e astutissimo, un plagiatore di studiata abilità. Non ha ideali alternativi al proprio successo. Cerca infine di assassinare il corretto e cavalleresco Grey e fugge in America.

1. Julian Felsemburgh (Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson)

Sommo sacerdote di una finta religione umanitaria e, di fatto, anticristiana, predica la pace universale e si traveste da nuovo Cristo, ma ne è il più fiero avversario. Il suo fascino magnetico è pari alla sua indicibile doppiezza. Prestigiatore e illusionista, inganna tutti. Quasi tutti. Figura terribile di un romanzo, fu pubblicato nel 1907, straordinariamente profetico.

mercoledì 20 aprile 2022

Il cappello del prete di Emilio De Marchi

Non ha avuto, soprattutto non ha oggi, il successo che avrebbe meritato, soprattutto il successo che meriterebbe, Il cappello del prete di Emilio De Marchi, romanzo apparso a puntate nel 1887. Opera originalissima, godibilissima, un giallo, quando di giallo nemmeno si parlava, ambientata a Napoli e dintorni, ma che profuma anche d'Inghilterra, perché il barone Carlo Coriolano di Santa Fusca è abituale frequentatore di un club e certe sue abitudini da perdigiorno annoiato e indebitato ci ricordano quelle di tanti personaggi dei romanzi di Dickens e di Trollope. L'intreccio è notevole e spassoso, le battute sul giornalismo, che in assenza di notizie sarebbe disposto a fabbricarne, sono fulminanti. E straordinarie le atmosfere, quelle che più si ricordano dopo aver letto il libro. De Marchi sembra quasi un Simenon ante litteram, senza però quell'ansia incombente, quel disagio perenne, quella sensazione claustrofobica che domina i romanzi del belga senza Maigret. Si tratta di un libro sulla coscienza e i suoi tormenti. E, a suo modo, sulla giustizia. Che, alla fine, quasi senza darlo a vedere, ripara i torti e ristabilisce l'ordine.

"I misteri di Marsiglia" di Zola

Un roman feuilleton a firma di Zola, prima che Zola diventi il maestro del realismo francese, che pure, nell'opera giovanile I misteri di Marsiglia (1867), s'intravede, qua e là.

Un amore contrastato, lui di condizione sociale inferiore a quella di lei, lui, Philippe Cayol, un avventuriero, lei, Bianca de Cazalis, un'ingenua, la fuitina, sì c'è anche quella, la famiglia di lei, meglio lo zio e tutore, che li cerca, la cattura, il processo rumoroso e la condanna di lui, l'abiura di lei, la fuga di lui, poi il figlio della colpa, infine l'espiazione e la redenzione che culminano con la morte di tutti e due per via del colera. Ma, il figlio sopravvive.

Emile Zola


Raccontata così, raccontata anche male, per carità, questa storia si fatica ad intestarla a Zola. Eppure è tutta sua. Ed è bella, avvincente, piena di quei colpi scena tipici del romanzo tout court, non soltanto del romanzo ottocentesco, quando ancora non si era rinunciato all'ambizione di stupire e sorprendere il lettore e, sì, anche di tenerlo sveglio, a forza di scossoni, davanti al fuoco del camino. Ne risulta comunque un affresco riuscito della Marsiglia e della Provenza e forse del Midì degli anni '40 del diciannovesimo secolo. E della Francia di Luigi Filippo. E della giustizia che vi si praticava, che aveva mantenuto, attraverso manifestazioni di durezza e di belluina ostentazione, come la gogna, qualcosa di profondamente antico. Verrebbe da dire medievale. Se prima non ci fosse stata la rivoluzione francese. O forse proprio perché c'era stata. Ma, questa sarebbe un'altra storia. 

martedì 19 aprile 2022

La cieca di Sorrento di Francesco Mastriani

Pochi romanzi hanno avuto la fortuna di pubblico conosciuta dal romanzo che Francesco Mastriani diede alle stampe nel 1852: La cieca di Sorrento. Mastriani, che, ai tempi suoi, Croce dixit, leggevano tutti ad eccezione delle classi colte, fu un romanziere straordinariamente prolifico, capace di attraversare e, in qualche modo, d'inventare o di precorrere, più generi letterari, con un stile spesso notevole, anche quando le esigenze della vita pratica lo costringevano a ritmi produttivi durissimi.

Mastriani ambienta la sua storia a Napoli e protagonista ne é Gaetano Pisani, un giovane povero, tanto acuto quanto d'aspetto infimo. Povero, poverissimo. Porta il peso della sciagurata fine del padre.

Perché leggere un libro di 170 anni fa, che non viene annoverato tra i classici? 

Per calarsi nella Napoli degli anni '40 (è ambientato allora) del diciannovesimo secolo, quand'era ancora la capitale del più importante stato della penisola italiana; perché i continui colpi di scena, anche quelli più sorprendenti e spiazzanti, sono tenuti assieme dalla sbrigliata fantasia dell'autore; perché in quest'opera ingiustamente trascurata dalla critica, sia pure in forma embrionale, convivono elementi del romanzo psicologico, del poliziesco e, sì, anche del verismo. Un verismo appena abbozzato, forse di maniera, e certamente ante litteram, che, tuttavia, merita di essere approfondito. Non a caso, dal romanzo di Mastriani, pur con delle variazioni, talora significative, alla trama, furono tratti tre film: nel 1934, per la regia di Malasomma, nel 1953, per la regia di Gentilomo, e nel 1963, per la regia di Nick Nostro. Leggendo La cieca di Sorrento, vi renderete conto di essere di fronte a qualcosa di diverso dal tipico feuilleton. E nella vicenda del protagonista qualcuno potrà forse scoprire delle somiglianze, forse esagero, con un certo Raskolnikov. 


Presentazione del blog "Libri e libelli"

Nasce oggi un nuovo blog: Libri e libelli. Per parlare, a tempo perso, di letteratura. Benvenuti.

Perché Gogol' è il padre del romanzo russo. E non solo

Gogol' e il romanzo Le anime morte   Lo scrisse e lo riscrisse, dopo averne distrutto parti a più riprese, per quasi 20 anni: una gestaz...