martedì 19 aprile 2022

La cieca di Sorrento di Francesco Mastriani

Pochi romanzi hanno avuto la fortuna di pubblico conosciuta dal romanzo che Francesco Mastriani diede alle stampe nel 1852: La cieca di Sorrento. Mastriani, che, ai tempi suoi, Croce dixit, leggevano tutti ad eccezione delle classi colte, fu un romanziere straordinariamente prolifico, capace di attraversare e, in qualche modo, d'inventare o di precorrere, più generi letterari, con un stile spesso notevole, anche quando le esigenze della vita pratica lo costringevano a ritmi produttivi durissimi.

Mastriani ambienta la sua storia a Napoli e protagonista ne é Gaetano Pisani, un giovane povero, tanto acuto quanto d'aspetto infimo. Povero, poverissimo. Porta il peso della sciagurata fine del padre.

Perché leggere un libro di 170 anni fa, che non viene annoverato tra i classici? 

Per calarsi nella Napoli degli anni '40 (è ambientato allora) del diciannovesimo secolo, quand'era ancora la capitale del più importante stato della penisola italiana; perché i continui colpi di scena, anche quelli più sorprendenti e spiazzanti, sono tenuti assieme dalla sbrigliata fantasia dell'autore; perché in quest'opera ingiustamente trascurata dalla critica, sia pure in forma embrionale, convivono elementi del romanzo psicologico, del poliziesco e, sì, anche del verismo. Un verismo appena abbozzato, forse di maniera, e certamente ante litteram, che, tuttavia, merita di essere approfondito. Non a caso, dal romanzo di Mastriani, pur con delle variazioni, talora significative, alla trama, furono tratti tre film: nel 1934, per la regia di Malasomma, nel 1953, per la regia di Gentilomo, e nel 1963, per la regia di Nick Nostro. Leggendo La cieca di Sorrento, vi renderete conto di essere di fronte a qualcosa di diverso dal tipico feuilleton. E nella vicenda del protagonista qualcuno potrà forse scoprire delle somiglianze, forse esagero, con un certo Raskolnikov. 


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